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venerdì 18 febbraio 2011

La bugia di Tremonti sul Sud

La cosa incredibile del dibattito politico italiano è che mentre tutti - maggioranza, opposizione, intellettuali - concentrano la propria attenzione sulle notizie che riguardano la vita privata del Presidente del Consiglio, riescono a passare in “cavalleria” imprecisioni di proporzioni significative sulle quali vengono, di conseguenza, impostate politiche sbagliate.

Nel nostro paese, tuttavia, “i numeri non contano”, come si è più di una volta lamentato il nostro freddo e razionale Ministro dell’Economia. Tuttavia, talvolta, i numeri sembrano non contare neppure per Tremonti.
Lo dimostra la conferenza stampa di ieri, nel corso della quale commentando il modesto tasso di crescita che Istat attribuisce all’Italia – 1,1% rispetto a valori più elevati negli altri paesi Europei – ha spiegato che il “problema è il Sud”, laddove il Nord sarebbe, addirittura, la “Regione in assoluto più ricca d’Europa”.

Ora, basta andare a vedere i numeri, appunto, di Eurostat e di Istat per falsificare, anzi rovesciare entrambe le affermazioni. Intanto la questione dei valori assoluti del reddito procapite. È vero che – considerando il reddito per abitante a parità di potere d’acquisto – il Nord ha valori un po’ più alti della media europea (fatto 100 la media per i 27 paesi, siamo a 125) e tuttavia le regioni del Nord sono lontanissime dai numeri fatti registrare da quella di Parigi (185), Amburgo (197), per non parlare di Londra (386).

Ancora più grave è, però, l’inesattezza che il Ministro commette quando dice che il Nord non ha problemi di crescita. Di nuovo i numeri dicono l’esatto contrario. Ed in maniera estremamente netta. Considerando la variazione tra il 2008 e il 2000 del reddito pro capite per le duecentosettantuno regioni europee agli ultimi dieci posti ci sono proprio Lombardia, Veneto, Piemonte e le due Province autonome di Trento e di Bolzano.



Ovviamente, l’intento di questa precisazione non è certo partecipare ad una qualche assai poco produttiva polemica sulla distribuzione tra Nord e Sud delle responsabilità dello stato del nostro paese. Né tanto meno è mia intenzione ridurre, anche solo minimamente, la portata dei problemi del Sud che sono molto più grandi – visto che, continuando a ragionare di reddito pro capite, esso è inferiore al 70% di quello dell’Unione Europea (laddove la situazione diventa persino più disastrosa se si considerano i dati dell’occupazione)

E, tuttavia, non è vero che il Nord ha prestazioni stellari e che l’unico suo problema sia la palla al piede costituita dal Mezzogiorno. Perché invece, come in maniera più articolata dice, ad esempio, il quinto rapporto di coesione della Commissione Europea, il Nord ha problemi di, ad esempio, propensione alla spesa in ricerca, dimensione delle imprese, capacità delle amministrazioni che prescindono, persino, dall’esigenza di dover assistere venti milioni di cittadini italiani rimasti indietro.

È vero, invece, che lo sviluppo del Mezzogiorno può essere – come lo è stato quello della Germania orientale per i Laender occidentali - un’opportunità anche per il Nord. E, tuttavia, tale opportunità va coltaqualificando la spesa pubblica, prima ancora che aumentandola. Al Sud così come al Nord. Identificando, proteggendo, incoraggiando quelli che – amministrazioni, università, ospedali - fanno bene il proprio lavoro. Attraendo imprese dall’estero, incoraggiando chi vuole fare innovazione e introducendo regole di competizione più leale che facciano uscire dal mercato o chi assorbe risorse senza farvi corrispondere risultati. Al Nord come al Sud.

Per riuscirci bisognerebbe però che governo e opposizione si confrontassero su questioni serie, e facendo ricorso a argomentazioni fondate. Ne avremmo un bisogno assoluto. Ed invece sembra che non ve ne sia più lo spazio.

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