FOTO DI STABIA

giovedì 26 gennaio 2012

Simone Esposito d'oro ai regionali indoor


Di: Corritopolino

DECRETO LIBERALIZZAZIONI


UNA TRUFFA PER I LAVORATORI E LA POVERA GENTE. 
UN VANTAGGIO  PER BANCHE, INDUSTRIALI, COSTRUTTORI, ASSICURAZIONI, PETROLIERI


Il governo vara le “liberalizzazioni” e tutta la stampa borghese confeziona uno spot propagandistico trionfale: “tutelati i consumatori”,”provvedimenti per la crescita”, “ colpite le corporazioni ”.. Il tentativo è quello di vendere all'opinione pubblica, ed in particolare al lavoro dipendente, l'immagine di un governo che compensa i sacrifici imposti sulle pensioni, sulle prima casa, sull'IRPEF, con un colpo ai privilegi dei “ricchi”.
  
La verità non è “diversa”: è opposta. 
Le misure del governo colpiscono duramente solo i settori popolari della piccola proprietà e dei servizi ( tassisti, edicolanti, gestori non proprietari delle pompe di benzina). A tutto vantaggio di banche, assicurazioni, industriali, costruttori, petrolieri: che ingrassano ulteriormente le proprie posizioni sociali e di potere. 
Basta leggere il decreto. 


UN DECRETO PER LE BANCHE 
Le banche escono rafforzate. Incassano l'obbligo di apertura dei conti correnti “base” di milioni di pensionati poveri ( già varato dal decreto salva Italia) senza alcuna gratuità del servizio: il governo prevede unicamente un possibile “tetto” alle commissioni. Risultato? Un guadagno netto per i banchieri sulla pelle di tanta povera gente. Non solo. Le banche ottengono assieme alle imprese il libero ingresso dei capitali privati nel “finanziamento, realizzazione,gestione” delle infrastrutture ( project financing). Cosa significa? Che avranno la possibilità di partecipare agli utili di gestione per rifarsi, con gli interessi, delle spese di finanziamento. Come? Per esempio spingendo per elevare i prezzi del servizio ( altro che protezione dei consumatori!). 
Ancora. Le banche possono entrare nel nuovo business dei servizi pubblici locali e delle ferrovie. I servizi pubblici locali dovranno essere messi a gara a partire dai 200000 euro di contratto ( non più 900000). Chi possiede oggi i capitali adeguati  per mangiarsi la torta? Le banche innanzitutto che si rifaranno sui prezzi. Le ferrovie a loro volta diventano libero mercato non solo sull'alta velocità, ma sugli stessi treni pendolari che dovranno essere messi a gara: è facile immaginare che essendo meno “appetibili” per i profitti saranno comprati a prezzi stracciati, e quindi richiederanno costi del lavoro altrettanto stracciati. Soluzione: consentire ai privati acquirenti di calpestare il contratto nazionale ferrovieri. Domanda: chi sono i primi soggetti titolati ad entrare nel nuovo mercato? I capitalisti e i banchieri. Che con Banca Intesa partecipano già a pieno titolo all'impresa di Montezemolo e Della Valle in fatto di treni di lusso. Chi è il ministro che ha varato il decreto? L'ex amministratore delegato di Banca Intesa. I conti tornano. 
Nel frattempo le banche continueranno a gestire il binomio ricattatorio mutuo/polizza ( il “dovere” di esibire altre possibili polizze è ridicolo). Mentre i lavoratori bancari si ritrovano un contratto che allunga l'orario di lavoro, abbatte i salari dei nuovi assunti, accresce i poteri delle banche nella gestione dei rapporti di lavoro. Ecco la “liberalizzazione”: la massima libertà ..dei banchieri contro lavoratori e clienti. 

PETROLIERI: LA LIBERALIZZAZIONE DELLA TRIVELLA

   I petrolieri plaudono al decreto. Hanno ragione. La propaganda li annunciava come vittime designate dell'operazione. Ne escono rafforzati. La vendita annunciata delle azioni detenute nella rete di trasporto del gas( Snam) era già stata proposta dalla stessa Eni e può essere un buon affare per la compagnia ( v. intervista di Scaroni al Corriere del 22/1). Per il resto, tutto come prima, e meglio di prima per i petrolieri. I petrolieri ottengono la libertà di trivellare nelle stesse “aree protette” ( articolo 17 del decreto). E sapete la ragione? Il fatto che le famose agenzie di rating nel valutare la solvibilità di un paese verso le banche, e quindi le sue potenzialità di sviluppo economico, misurano il suo grado di autosufficienza in  tema di idrocarburi. Più alto è il numero delle trivelle ( e lo scempio di ambiente e salute), più i banchieri apprezzano! Il resto del decreto in tema di benzinai, si pone sullo stesso solco. Solo i proprietari degli impianti di distribuzione del carburante potranno scegliere la compagnia da cui servirsi. Ma sono 500 su 25000. Per gli altri 24500 le cose peggiorano: i petrolieri potranno fissare le condizioni contrattuali che vogliono con ogni singolo benzinaio, senza nessuna tutela, nessuna contrattazione collettiva. Ecco la “liberalizzazione”: la massima “libertà”.. dei petrolieri. Contro i gestori non proprietari, più servi di prima delle compagnie, e contro i consumatori: che continueranno a pagare un costo enorme per un litro di benzina. 

MENO TASSE AI COSTRUTTORI 

I costruttori non sono da meno. Il decreto riduce la tassa dell' IMU sui cosiddetti immobili di “magazzino”, cioè sugli immobili invenduti. Siccome i tempi delle compravendite di case sono più lunghi in tempi di crisi, si tratta di un bel regalo. Cui si aggiunge la parallela riduzione dell'IVA, e l'abolizione della tassa prevista dal 1949 che imponeva ai costruttori di accantonare il 2/% di un opera pubblica per il suo abbellimento ( opere d'arte, giardini, e simili). La qualità della vita può attendere, assieme all'estetica di un quartiere. Sommando a tutto questo il libero ingresso nella partita del project financing, in particolare nella costruzione delle nuove carceri, si tratta di un bottino rilevante. In compenso continueranno a crepare senza cura migliaia di lavoratori supersfruttati che affollano i cantieri edili, privi di tutela e di riconoscibilità. La “liberalizzazione” riguarda la libertà.. dei loro padroni, non la loro. 

LE ASSICURAZIONI.. RASSICURATE

Le Assicurazioni partecipano all'affare. Ed è buffo. Per anni si è blaterato sulla necessità di porre un freno all'arroganza delle assicurazioni, al caro auto, all'”onnipotenza” del settore. Persino la stampa borghese liberale ha chiacchierato spesso al riguardo. Risultato? Il decreto rassicura.. le Assicurazioni. Dà ad esse la possibilità di riparare direttamente il guasto legato all'incidente con proprie officine convenzionate. Chi non si fidasse dell'assicurazione, chi temesse una riparazione al ribasso per qualità dei pezzi ( ed è indubbio che un officina legata alla assicurazione lavorerebbe al massimo ribasso), ha la possibilità di chiedere il contante: ma alla condizione di rinunciare al 30% di ciò che gli è dovuto. In altri termini: per difendere l' assicurazione dal rischio frode da parte del cliente, si espone il cliente alla probabile frode dell'assicurazione.  Quanto al vantaggio per i consumatori,solo un cretino può pensare che tutto questo comporti un abbassamento delle tariffe delle assicurazioni. Lo stesso vale per la trovata dell'esibizione da parte dell'agente  assicurativo di tre diverse polizze di altre compagnie. Siccome l'agente è dipendente della propria compagnia ( “monomandatario”) è del tutto evidente che non farà propaganda  per la concorrenza, a meno di non voler perdere il posto. Persino Sole 24 Ore, grande sponsorizzatore delle liberalizzazioni, non ce l'ha fatta a vendere quest'ultima patacca(v. Sole 24 Ore 21/1). Si conferma dunque la regola generale: l'unica libertà che si tutela è quella del capitale.

 LA “GIUSTIZIA” DEGLI INDUSTRIALI 

Gli industriali sono, assieme ai banchieri, i sostenitori più entusiasti del decreto. Lo credo. Alla vigilia dell'annunciato incasso sulla maggiore libertà di licenziamento, assaporano le delizie delle liberalizzazioni. Dopo aver ottenuto dal governo la riduzione dell'IRAP ( a danno della sanità pubblica), la riduzione dell'IRES per gli investimenti di capitalizzazione, 6 miliardi di incentivi ACE, 20 miliardi per il fondo di garanzia dei crediti alle PMI, Confindustria ottiene oggi altre regalie. Innanzitutto l'apertura del mercato delle infrastrutture e dei servizi pubblici locali. E poi l'incasso annunciato di 60/80 miliardi di rimborsi da parte delle pubbliche amministrazioni: 5 miliardi sono subito stanziati come acconto, gli altri si pensa di darli, eventualmente ( e su richiesta delle imprese), attraverso BOT e BTP. Le imprese venderebbero a loro volta questi titoli, capitalizzando il ricavato. Lo stesso ministro Passera che ha bastonato lavoratori e pensionati per ragioni di “debito pubblico”, oggi dichiara che il mastodontico rimborso pubblico agli industriali non insidierà il debito italiano. E' la riprova che il debito è solo questione di classe e non di numeri. Ma c'è dell'altro. Confindustria ottiene la sua “riforma della Giustizia”: una magistratura speciale e rapida chiamata a dirimere in tempi record le controversie societarie. I comuni cittadini che attendono da anni, e forse invano, la soddisfazione delle proprie ragioni nelle aule di giustizia, non solo dovranno ancora aspettare, ma dovranno mettersi in coda agli industriali, cui lo Stato borghese da la precedenza. Gli industriali sono più uguali degli altri. Per loro si trovano a tambur battente quelle risorse, strutture, uomini, che non si trovano per la “Giustizia” ordinaria. Perchè? Perchè- si osserva- i “mercati” finanziari giudicano le opportunità di investimento in un paese anche in base ai tempi di risoluzione delle controversie giudiziarie in cui le imprese possono incappare. Insomma: è il mercato che fa il tribunale. Non poteva esserci illustrazione  simbolica più semplice della natura di classe della “Giustizia” in regime capitalista. 

IL MONDO DEL LAVORO PRENDA LA TESTA DELLA DISPERAZIONE SOCIALE


E' necessario denunciare e contrastare questa truffa. Tutti i partiti borghesi la sostengono, a partire dal PD. 
Di Pietro apre nuovamente al governo ( dopo il voto di fiducia iniziale) dichiarando che.. ha finalmente copiato il suo programma. Le sinistre balbettano. Con Vendola unicamente interessato ( assieme a Di Pietro) a non farsi scaricare dal PD. E la burocrazia CGIL unicamente interessata a non essere scaricata da Confindustria. E' penoso e irresponsabile. 
  
Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL)- sin dall'inizio all'opposizione del governo e del PD che lo sostiene- pone tanto più oggi la necessità di una mobilitazione generale del mondo del lavoro contro il governo degli industriali e dei banchieri. Non è possibile continuare a subire passivamente l'onda d'urto della politica dominante e della sua propaganda. E non è possibile limitare la protesta a qualche ora di sciopero o a qualche manifestazione ordinaria. La crisi sociale va precipitando, e si annunciano due anni di nuova recessione. La distruzione del contratto nazionale di lavoro è in atto, e non solo tra i metalmeccanici. La FIOM viene sbattuta fuori dalle fabbriche, come non accadeva dagli anni 30. Vasti settori di piccola borghesia impoverita e allo sbando, subiscono i colpi congiunti della crisi capitalista e del governo del capitale: e accumulano un senso di disperazione. Se a tutto questo non corrisponderà una opposizione di massa, unitaria , radicale, continuativa, da parte del mondo del lavoro, capace di unificare attorno a sè la disperazione sociale delle più grandi masse popolari, questa disperazione cercherà prima o poi nuovi riferimenti e canali contro i lavoratori italiani. Questo è il rischio. E' dunque l'ora della svolta. Il PCL si batterà in questa direzione, con tutte le proprie forze, e in ogni sede.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI


mercoledì 25 gennaio 2012

Riflessione in margine alla visita in Fiat e a un'episodio di contestazione. Ichino visita lo stabilimento di Pomigliano



Lettera sul lavoro pubblicata sul Cornere della Sera del  24 gennaio 2 0 I 2

Caro Direttore, venerdì mattina ho visitato in ogni reparto il nuovo stabilimento della Fiat di
Pomigliano. Il pomeriggio dello stesso giorno, all'Università di Napoli, ho assistito all'intervento
urlato di un gruppo di contestatori  uno dei loro slogan era "contro Marchionne e contro il
precariato". Ho provato una stretta al cuore per l'inganno di cui quei ragazzi sono vittime. E per la
responsabilità grave che tanta parte della sinistra italiana si assume demonizzando un insediamento
industriale come questo.
Ho visto moltissime fabbriche metalmeccaniche; ma una come questa di Pomigliano non
l'ho vista mai. Non mi riferisco all'esercito dei robot del reparto lastratura, che compiono
interamente da soli il lavoro più pesante e pericoloso: il montaggio e la saldatura della scocca, la
struttura della Panda. Mi ha impressionato molto di piu il resto della fabbrica, dove a operare
direttamente sono le persone. La prima cosa che mi ha colpito è stata l'assenza di rumore,
l' ampiezza degli spazi, la distribuzione della luce, l' azzurro della rete dei vialetti, con strisce
spartitraffico e passaggi pedonali, che attraversano le zone di lavoro; gli uffici con le pareti di
cristallo collocati inmezzo al percorso del montaggio, quasi a sottolineare il superamento di ogni
distinzione tra operai e impiegati. Poi il serpentone giallo: la nuova "catena" che catena non è più,
collocata su di un largo nastro di parquet tirato a lucido, che si sposta lentamente, dove anche a me
estraneo viene consentito di muovermi liberamente nei larghi spazi tra una postazione e l'altra.
Tutto è strutturato in funzione della persona che lavora: è la scocca ad abbassarsi o rovesciarsi, non
le braccia ad alzarsi.I lavoratori, per lo più giovani, ragazzi e ragazze, tutti con una tuta bianca
pulitissima, suddivisi in gruppi di cinque o sei e tra loro intercambiabili. Scelgo a caso quelli o
quelle con cui parlare a tu per tu. Tutti mi dicono che la nuova organizzazione è meno pesante della
precedente.La paga-base mensile lorda di un quinto livello, qui, è sopra i 1700 euro, quasi 1550 per
un terzo livello; poi ci sono il premio e gli scatti; quando entrerà in funzione il terzo turno, a questi
si aggiungerà il compenso per l'ora e mezza media settimanale di straordinario e la maggiorazione
per il lavoro nottumo.
Uscito di lì, attraversando le vie sdrucite della periferia di Napoli, mi frulla per la testa la
frase più benevola che ho sentito dalle mie parti politiche riguardo a questo stabilimento due anni
fa, quando si discuteva del progetto "Fabbricaltalia": "Sì, purché sia un'eccezione". Ma perché
questa diffidenza? Solo per le due deroghe marginali che il progetto comportava rispetto al contratto
collettivo nazionale, delle quali la più rilevante riguardava appunto la possibilità di un'ora e mezza
di straordinario alla settimana? A me sembra che dovremmo, semmai, auspicare altri cento
stabilimenti come questo per lo sviluppo del nostro Mezzogiorno, per rimettere in moto la crescita
del nostro Paese. Altro che "un'eccezione"!
Oggi l'obiezione è che a Pomigliano si viola la democrazia sindacale, perché non viene
riconosciuto il diritto della Fiom-Cgil a una rappresentanza in fabbrica. Questo è il
risultato - conforme, peraltro, alla legge vigente - del rifiuto opposto dalla stessa Fiom alla firma di
qualsiasi contratto collettivo applicato dalla Fiat. Cambiamo questa norrna. Però l'attacco
violentissimo contro il piano "Fabbrica ltalia" è venuto molto prima che sorgesse il problema della
rappresentanza sindacale. E la gueniglia giudiziaria contro il progetto, I'opposizione a che qualche
cosa di simile a Pomigliano si faccia anche altrove, prescinde da questo particolare problema.
Si dice, ancora: "La Fiat non ha chiarito il suo piano industriale". Sarà; ma qui c'è un
investimento colossale che sta dando lavoro per almeno quattro anni a migliaia di persone; e lavoro
di alta produttività e qualità, relativamente ben retribuito. Chiediamo pure chiarimenti ulteriori sul
futuro, ma qui c'è già qualcosa di chiarissimo per il presente, che stiamo disprezzando senza
neppure degnarlo di uno sguardo (il sindaco di Napoli De Magistris ha rifiutato di visitare lo
stabilimento!). Oltretutto, disprezzandolo, presentiamo a tutte le multinazionali che potrebbero
essere interessate a investire da noi un'immagine repellente del nostro Paese.
A i ragazzi del centro sociale "contro Marchionne e contro il precariato" ho chiesto: non vi
accorgete che, tolto Marchionne, vi resta solo il lavoro nei sottoscala controllati dalla camorra? Chi
incita al rifiuto di un investimento come quello della Fiat-Chrysler su Pomigliano, da dove pensa
che possa venire lo sviluppo del Mezzogiorno e la crescita di questo Paese?

Colmi