Onorio Rosati |
Il segretario della Camera del lavoro di Milano che sulla vicenda Fiat subito precisa: “mi pare faccia notizia anzitutto perché riguarda l’ultima grande impresa manifatturiera rimasta in Italia, poi perché il confronto tra azienda e sindacati rimanda ad altre stagioni, come quelle “storiche” degli anni ’50 o degli anni ’80”.
Dunque Marchionne è realmente l’uomo che sta facendo voltare pagina al gruppo di Torino?
“L’amministratore delegato della Fiat vuole arrivare ad un nuovo modello di organizzazione e di relazioni coi lavoratori. La modalità con cui ha scelto di gestire il confronto è realmente irrituale, ma alla novità della forma non si accompagna alcuna novità nei contenuti”, che paiono a più di un osservatore molto vecchi. “Marchionne esclude chi non accetta la sua proposta, non offre margini di trattativa, non cerca in alcun modo soluzioni condivise” come avviene invece in altri paesi europei come la Germania, “dove Siemens o Volkswagen hanno firmato contratti che prevedono una compartecipazione dei lavoratori alle scelte dell’impresa”.
Insomma, quella di Marchionne più che una rivoluzione è una restaurazione? “Dal suo punto di vista Marchionne cerca di aumentare la competitività della Fiat, ma lo fa escludendo il sindacato che ha la maggioranza relativa degli iscritti”, col rischio di dover fronteggiare un’infinità di ricorsi alla magistratura. “Occorrerà naturalmente attendere l’esito del referendum sugli accordi di Pomigliano e Mirafiori e nel caso di una vittoria dei sì prendere atto di quanto avvenuto e aprire una seria discussione in seno alla CGIL e alla Fiom”. Eppure dipingere la Fiom come un blocco monolitico incapace di dialogare con le controparti è una semplificazione fuorviante: “Vedo in Lombardia, dove ogni giorno la Fiom siede a tavoli di trattativa con aziende grandi e piccole e sigla regolarmente contratti aziendali, integrativi, fornisce il suo aiuto per gestire situazioni di crisi, con molta ragionevolezza”.
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