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martedì 11 gennaio 2011

Fiat, Camusso: «Votare “no”, se vince il “sì” dobbiamo restare in azienda»

Il referendum che deciderà il destino di Mirafiori è sempre più imminente. E in vista della consultazione di giovedì e venerdì sul futuro di Mirafiori, dal Salone dell'Auto di Detroit, Sergio Marchionne
parla con chiarezza: se non ci sarà il 51% di sì la Fiat investirà altrove, le alternative sono molte, ovunque, Canada o Michigan per esempio. 

Marchionne, «insulta ogni giorno il Paese», ha replicato oggi il leader della Cgil, Susanna Camusso, nella relazione introduttiva all'assemblea nazionale delle Camere del lavoro, accusando la Fiat di non rendere noti i dettagli del piano Fabbrica Italia. «La Fiat sbaglia tempo e sbaglia risposte e riduce i diritti dei lavoratori e la loro fiducia sulle prospettive», aggiunge Camusso, sottolineando «la debolezza industriale dell'azienda» e «il mistero che continua a circondare il piano Fabbrica Italia». «Se Fiat può tenere nascosto il piano è anche perché c'è un governo che non fa il suo lavoro ma è tifoso e promotore della riduzione dei diritti. È così tifoso - prosegue - che non ha il coraggio di vedere che quando l'amministratore delegato insulta ogni giorno il Paese non offende solo i cittadini e il Paese ma in realtà dice della qualità di governare e delle risposte che vengono date», risposte «sbagliate». 

La Cgil ribadisce poi l'invito a votare no al referendum sullo stabilimento Fiat di Mirafiori ma se vincerà il sì va rispettato quel voto e trovato il modo di continuare a difendere i lavoratori dentro le fabbriche Fiat, ha detto inoltre Camusso, in una lettera sull'Unità di risposta ai delegati Fiom della Fiat. «Che la Cgil sia con voi e i lavoratori di Mirafiori e Pomigliano per tenere aperta la prospettiva di un cambiamento e che sia con voi nel dire no all'accordo voluto da Fiat e sottoscritto da altri - scrive - non vi è alcun dubbio. E non è certo solidarietà, ma la profonda convinzione che il modello Marchionne propone condizioni di lavoro che non vanno bene, sottrae diritti, mette in discussione la libertà dei lavoratori di essere rappresentati. No a quegli accordi è senza alcun dubbio il sentire di tutta la Cgil». 

«Se dovesse prevalere il sì - sottolinea però Camusso - se venisse sconfitta la nostra idea di votare no, ma comunque anche se si ritenesse valido il referendum, si applicherà quell'accordo; come ottempereremo allora alla nostra funzione di rappresentanza dei lavoratori, come ricostruiremo le condizioni del cambiamento? Questa la domanda che dobbiamo proporci proprio perché siamo insieme e vicini. Insieme oggi nel giudicare, ma pronti ad interrogarci per traguardare un futuro dentro le aziende Fiat. Sicuramente possiamo, vogliamo, dobbiamo incontrarci per fare insieme le riflessioni che la vertenza propone a tutti noi». 

La Fiom intanto resta sulle barricate: «possiamo vincere la partita». Incassa la solidarietà della Cgil, ma il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, le chiede di rispettare l'esito del referendum. 

Il Salone di Detroit è nel frattempo il luogo giusto per annunciare l'aumento al 25% della quota in Chrysler e ribadire che «ci sono le condizioni per portarla al 51% già entro quest'anno perchè le risorse ci sono».

«Internazionalizzare sempre di più la Fiat è una necessità e una sfida esaltante, soprattutto per me 
che ho fatto esperienze professionali e di vita in vari Paesi: È la realtà del mondo d'oggi. Qual è l'alternativa?», ha detto il presidente della Fiat, John Elkann, in una intervista al Corriere della sera in cui rileva che «dobbiamo tener conto delle direttrici di sviluppo del mondo d'oggi».

«Solo crescendo all'estero - prosegue - la Fiat può rafforzarsi e mantenere una realtà produttiva sana, consolidata, in Italia. Paese nel quale restiamo ben presenti». Da Detroit Elkann annuncia che giovedì e venerdì sarà in Italia insieme a Marchionne a seguire l'esito del referendum a Mirafiori. Elkann, infine, torna a smentire le voci che parlano di una possibile cessione dell'Alfa Romeo: «ci teniamo stretto tutto», dice «anche se ci offrono un mucchio di soldi».

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