FOTO DI STABIA

giovedì 14 aprile 2011

Vi ricordate di "Gagarin"?


50 anni fa il sovietico Yuri Gagarin divenne ufficialmente
il primo uomo nello spazio
QUEL VOLO NELL’INFINITOUna contadina, una bambina ed un vitellino furono
i primi esseri viventi ad incontrarlo al rientro…

Alle 9.07 (ora di Mosca) del 12 aprile 1960, esattamente
cinquant’anni fa, l’era moderna, cominciata con le grandi esplorazioni geografiche marittimedi leggendari navigatori come Colombo, trovava il suo tripudio in un balzo che era molto più grande di quello che portò a superare gli oceani; non era ancora il “piccolo passo per un uomo, ma un passo da gigante per l’umanità” che pronuncerà l’americano Armstrong, il primo uomo sulla luna; ma era la prima volta che un essere umano, come me e come tutti noi, si staccava dalla terra ed entrava in quel mondo misterioso che era lo spazio esterno.
Yuri Gagarin aveva 27 anni, era un cittadino sovietico ed inaugurò formalmente l’era spaziale, cominciando a concretizzare quel mondo che ci faceva sognare la fantascienza casereccia di Giulio Verne, per arrivare agli orizzonti marziani di Ray Bradbury.
L’Unione Sovietica, in piena isteria da sorpasso verso gli Stati Uniti, piazzò dei colpi fenomenali: dopo il primo satellite (lo Sputnik) ed il primo animale (la povera cagnetta Laika, destinata ad una missione senza rientro in tempi in cui verso gli animali non c’era la sensibilità di oggi), ecco che una persona in carne ed ossa veniva proiettata nel cosmo in una navicella e faceva – nientemeno! – che il giro della terra, in orbita. Una cosa che oggi sembra un’emerita banalità, ma che all’epoca ebbe un impatto mediatico e propagandistico gigantesco: basti chiedere a chiunque abbia avuto a quel tempo l’età della ragione. Prima ancora del clamoroso colpaccio americano, prima che un essere senziente camminasse sulla luna, un altro aveva bucato il cielo ed era entrato in quel nero che c’è dopo l’azzurro, guardando la terra da lontano e dicendo via radio che “è blu, meravigliosa”.
Cominciava così una forsennata corsa allo spazio che caratterizzò gli anni Sessanta del Novecento, un decennio eccezionale e destinato a non ripetersi più con quell’intensità.
Bisogna però precisare che Gagarin potrebbe essere stato solo ufficialmente il primo uomo nello spazio: perché secondo indiscrezioni mai confermate dalle autorità russe, prima di lui furono lanciati altri cosmonauti, che però non ebbero fortuna e persero la vita, anche in circostanze atroci. Fanno fede alcune intercettazioni captate dai fratelli radioamatori torinesi Judica Cordiglia. Ma questa è un’altra storia.
Il pilota dell’aviazione militare Yuri Alekseyevic Gagarin partì quindi dal cosmodromo di Baikonur, che oggi è nel Kazakistan (anche se sotto amministrazione militare russa), e sostanzialmente non fece nulla: il razzo trattore e la navicella erano telecomandati. Lui doveva solo testimoniare, sperimentandolo su di sé, che nello spazio non succedeva niente di particolare e che un essere umano poteva perfettamente sopravvivere, senza danni e malesseri, alla fuoriuscita dall’atmosfera terrestre.
La missione durò appena un’ora e 48 minuti. Al rientro, per un pelo non andò tutto in fumo a causa della momentanea perdita di controllo del modulo. Poi, per fortuna, la situazione si assestò e Gagarin si eiettò dall’abitacolo con il sedile di guida: una cosa che oggi fanno i piloti dei caccia militari quando devono precipitosamente abbandonare il proprio velivolo.
Non atterrò esattamente dove previsto, ma non provocò sconquassi: si adagiò, frenato dai paracadute, presso il Léninski Put, un kolkoz, cioè una fattoria collettiva socialista, non lontano dal villaggio di Smielkova, a sud-est della città di Engels, in un terreno appena arato (chissà come ne furono contenti i villici locali…). La leggenda (perché ormai ha assunto queste sfumature) narra che ad assistere all’atterraggio di questo misterioso essere apparentemente antropomorfo furono una certa Anna Takhtarova, vale a dire una componente della fattoria, insieme alla sua nipotina Rita e ad un vitellino. Le due contadine stavano strappando le erbacce da un campo di patate.
Gagarin armeggiò con il voluminoso casco, lo staccò dalla tuta, guardò il suo improvvisato pubblico e, constatato lo sbigottimento degli astanti, disse alla Takhtarova: “Non aver paura, compagna contadina: sono un cittadino sovietico, e sono il primo uomo nello spazio”: non era nemmeno atterrato che già cominciava a menarne vanto, insomma. E, subito dopo, aggiunse pratico: “Avete un telefono?”.
Queste furono le immortali parole del primo uomo che andò nello spazio. A cui seguì, due anni dopo, la prima donna, sempre sovietica: Valentina Tereshkova. Anche in questo caso, fu la prima donna almeno ufficialmente.
Al che gli Stati Uniti decisero che era finito il tempo di scherzare, si misero d’impegno e cominciarono il programma Apollo, che porterà un’intera squadra sulla luna, con felice rientro. Ed anche questa, ormai, è leggenda. Ma Gagarin non avrebbe saputo niente: morì un anno prima di quell’impresa americana, ad appena 34 anni, per un incidente aereo occorso mentre collaudava un caccia.
Concludo proponendo il brano “Gagarin”, di Claudio Baglioni: poetico, e veramente suggestivo.
 

Nessun commento:

Posta un commento

Colmi