E' un passaggio di poteri il lavoro va verso est. "Non siamo noi a dover diventare come i cinesi,ma i cinesi a dover diventare come noi", recitava una scritta cosi a Torino contro Sergio Marchionne. Visto da Davos, dove dal 26 si sono ritrovati i più grandi manager e investitori del mondo, quella frase andrebbe forse rovesciata. Non sarebbe male per certi europei e italiani, specie i più giovani, diventare un po più come i loro coetanei asiatici: il alcuni casi, significherebbe guadagnare di più.Silenziosamente, il sorpasso dei salari fra Est e Ovest si sta consumando in questi anni di crescita a due velocità, minima fra i "ricchi" e esplosiva per quasi tutti gli altri. All'apertura del Forum sull'economia a Davos, per i partecipanti è stato impossibile aggirare l'argomento: "Assistiamo a un passaggio di potere", disse il capo gruppo degli indiani Wipro Azim Premji, "i posti di lavoro si spostano da Oriente verso Occidente" gli fece eco la sua connazionale, in un dibattito su trenta milioni di disoccupati che ha prodotto la crisi. Laura Tajson, consigliera economica della casa Bianca, ha tentato un difesa di ufficio: "Fino a cinque anni fa" l'occupazione cresceva sia in America che in Europa che in Cina o in India. Per lei e la regressione del 2009 la grande devastatrice del lavoro, no il boom delle nuove economie. Fosse cosi, il tempo potrebbe chiudere almeno alcune delle ferite aperte. Eppure la metamorfosi, vista dai corridoi di Davos, corre sempre più in fretta. La concorrenza dell'Asia o dell'America latina non si gioca più solo e sempre a colpi di ribassi. Nelle mansioni di fabbrica è ancora cosi, naturalmente. Ma negli uffici di Milano,Trieste,Roma,Shanghai,Istanbul o San Paolo negli ultimi due anni sta accadendo l'opposto: un'inversione dei fattori che sposta i vantaggi dei bassi costi verso il vecchio mondo. Nel 2010 un giovane laureato guadagnava di media al su primo contratto in Italia 995 euri l'anno.Mentre un suo coetaneo assunto come intermedio da China Mobile a Shanghai prendeva invece l'equivalente di mille dollari. Un manager responsabile di cinque unità, in Vietnam, viaggia sui i 1200 dollari al mese. E con salari del genere a Shanghai o a Hanoi, possono conquistare un tenore di vita più alto di quanto si possa fare con mille euri al mese a Milano. Di questo passo il sorpasso, anche in valori assoluti appare imminente. In alcuni settori, specie la finanza, è una realtà già maturata con il crash del 2008 in poi: secondo Miachel Ron, capo della rete globale del Sace, il salario di ingresso di una banca o di una compagnia assicurativa è già oggi più elevato in Cina o in Turchia che in Italia."A Shanghai la paga è di 2500 lordi al mese e spesso i ccandidati hanno migliori titoli di studio è parlano meglio le lingue straniere".In Brasile il salario in banca del primo anno di media è pari a quello in Italia, 1700-1800 euro lordi. Però dopo dieci anni di carriera, i guadagni a San Paolo risultano doppi rispetto a Milano semmai allineati a quelli di New York. Molte città in Europa sono già lawcost. Per l'economista della casa Bianca, il fenomeno sta arrivando anche all'America: mentre gli emergenti crescono, ha detto Tajson a Davos, " da noi i bassi e i medi compensi stanno calando". Sempre a Davos qualcuno a dato la ricetta contro la recessione del lavoro,pensata da Henry Ford: ridare il denaro nelle mani dei propri dipendenti, in modo di spingerli a comprare nuove auto innescando cosi un ciclo virtuoso di domanda e di crescita. Oggi è l'idea di molti sindacalisti. Ma Arianna Hunffington, fondatrice di un giornale online, per la crisi dell'occupazione in Occidente ha accusato sopratutto i Governi "parlano molto dell'emergenza occupazione ma non agiscono, eppure quando hanno voluto aiutare il sistema finanziario, lo hanno saputo fare molto in fretta". Difficile sapersi dimostrare tanto efficaci e rapidi in un modo in cui, quando la Cina cresce del 10% è la disoccupazione Americana e del 10%. Ma il primo ritrovo di Davos dopo il grande panico di Wall Street e nei paesi dell'euro sembra dominato, più che dal sollievo, dal fattore tempo: corre cosi in fretta che forse un giorno anche le scritte sui i muri di Torino potrebbero cambiare.
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